Il libro d’esordio di Mark Z. Danielewski inizia proprio con questa “dedica”. Un inquietante monito che dovrebbe già far capire al lettore che ci si trova davanti a qualcosa di diverso, o perlomeno insolito. Il romanzo ruota attorno a un misterioso manoscritto rinvenuto in un baule dopo la morte del suo autore, l’anziano Zampanò, che porterà all’esplorazione della casa stregata di Ash Tree Lane in cui viveva la famiglia del regista, Will Navidson. Il protagonista verrà inghiottito da un vortice di eventi legati alla casa che vengono narrati in modo assai singolare da Danielewski: lo stile narrativo è proprio della letteratura ergodica, con il font delle parole cambia di continuo, come la direzione delle parole, l’assenza di altre parole o alcune pagine quasi del tutto bianche. Una narrazione fortissima e un metodo quasi del tutto inedito, se non per qualche precedente nella poesia, che obbligano il lettore ad essere letteralmente protagonista del racconto, richiedendo uno sforzo non indifferente per la lettura. Casa di foglie è stato definito da Stephen King come il Moby Dick del genere horror, e dopo aver fatto breccia nel cuore degli appassionati americani, il romanzo arrivò qui in Italia grazie a Mondadori (Collana Strade Blu, Mondadori 2005). Per tanti anni, però, il libro divenne pressoché introvabile: non c’era Libraccio o mercatino a venire in aiuto dei bibliofili incalliti ossessionati dalla ricerca di questo libro quasi leggendario, se non l’esborso di cifre incredibili presso la Baia. Ebbene, se rientrate in questa cerchia di lettori – e ricercatori – sappiate che grazie a 66th22nd, Casa di Foglie è tornato disponibile (66th22nd, Collana Bookclub, novembre 2019) in una versione aggiornata e di gran lunga più fedele all’originale, a differenza dell’edizione Mondadori che non includeva alcuni elementi ergodici e l’appendice “Le Lettere di Whalestoe”. Un libro che vi impegnerà moltissimo, ma che con buona probabilità segnerà una lettura senza precedenti.
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